Ho appena finito di leggere il bellissimo libro di Melissa Da Costa, “I quaderni botanici di Madame Lucie” edito da Rizzoli e sto ancora tremando dall’emozione.
In questo libro mi sono riconosciuta, la storia di Amande, la protagonista, è per certi versi, simile alla mia e l’autrice, è riuscita a mettere nero su bianco le mie emozioni esprimendole come avrei fatto io se ne avessi avuto la capacità e la forza.
Amande, in un terribile incidente stradale, perde il marito e poche ore dopo la figlia che porta in grembo per lo shock, una vita distrutta nel giro di due ore. Io ho perso solo la figlia che avevo in grembo e me stessa. Sono morta con lei senza esserne del tutto cosciente, annientata dai miei sensi di colpa per non essere stata in grado di proteggerla, distrutta dai “non è giusto” e i “perchè proprio a me”.
Amande lascia tutto e si rifugia in campagna, dove fortunatamente trova una propria dimensione, rinasce grazie al lavoro manuale, alla cura dell’orto, stimolata dalla lettura dei diari dell’ex proprietaria della casa che aveva curato il suo stesso dolore in quel modo.
Anche io, come lei, ho lottato contro la voglia di arrendermi e chiudermi in me stessa, riempiendo la mia vita di mille cose, impegnandomi nello studio, nel lavoro, nel dedicarmi agli altri come se dovessi scontare una pena per esserci ancora, per non essere riuscita a salvare quella creatura che era la parte più importante di me.
Leggere la sua storia è stata come ripercorrere un sentiero parallelo al mio, guardare in faccia il dolore, la sofferenza, quella che si tenta sempre di nascondere, si schiaccia, si cerca di negare e che invece, nella profondità di noi stessi, alimentata da parole non dette e lacrime sommesse, si nutre e cresce all’infinito.
Amande è stata più coraggiosa di me, ha capito subito che non doveva dimostrare niente a nessuno, che doveva viverlo il proprio lutto, doveva prendersi il tempo per dare un significato alle cose e ridarne alla prorpia vita.
Io dopo una settimana dall’aborto, sono stata rispedita a lavoro, “per il mio bene” e mi sono ritrovata in mezzo ai ragazzi, alle loro risate che per me erano stilettate, agli sguardi pieni di pietà, alle frasi di circostanza, ai discorsi interrotti al mio arrivo.
La vita continua, the show must go on, ma a volte è bene prenderci il nostro tempo, inventarci dei rituali, delle forme personali che possono apparire ridicole, incomprensibili ma che di sicuro giuste per noi.
Il percorso di Amande è quello di una lenta rinascita senza rinnegare il dolore, lentamente, si può andare avanti perchè tutto passa, e spesso quello che la vita prende, poi lo ridà:forse lo ridà in un modo o in una forma diversi, attraverso incontri, persone, luoghi esperienze che se non ci fosse stato quel tragico evento non avremmo vissuto oppure non ci saremmo neanche accorti che esistesse.
Quante volte vi è capitato al ristorante di chiedere un piatto e sentirsi dire che era finito e a quel punto provarne un altro e rimanerne piacevolmente colpiti?
Ecco io ho deciso che voglio cominciare ad approcciarmi così al banchetto della vita.
Non proseguirò col racconto della trama di questo splendido libro, che naturalmente vi consiglio caldamente e che spero susciti in voi altrettante riflessioni ed emozioni che mi piacerebbe ascoltare.
Cristi
Settembre 8, 2021Mi hai commossa. Bellissimo post