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il mestiere di educatore

Chi mi conosce sa che, da molti anni, lavoro a scuola come educatrice scolastica, per una delle tante cooperative in appalto del Comune di Firenze. Ma pochi sanno quale è la realtà dell’essere educatrice in una società in cui regna il pressappochismo.

Prima di tutto non siamo assunti tramite concorso direttamente dal comune, ma lavoriamo in appalto, il che significa che ogni tre anni viene bandita una gara e che noi rischiamo di perdere il lavoro o di avere contratti diversi da quello firmato in precedenza, nel momento in cui veniamo assorbiti dalla cooperativa vincitrice; non abbiamo un mansionario preciso e dettagliato, per cui, a seconda delle scuole, delle persone con cui interagiamo, possiamo trovarci a fare didattica alla stregua degli insegnanti ( ma pagati un terzo) oppure a essere impiegati come “infermieri” (nel caso di ragazzi particolarmente gravi) o , nel peggiore dei casi di meri tappabuchi. Sto un pò esagerando, ma non mi discosto troppo dalla realtà, e non mi consola neanche il fatto di essere stata fortunata nel corso degli anni e di aver quasi sempre trovato insegnanti in grado di riconoscere la mia professionalità e con i quali ho avviato  una proficua collaborazione; non  ci si può basare sulla fortuna o sulla simpatia. L’educatore dovrebbe essere SEMPRE visto, non come un subalterno dell’insegnante di sostegno, ma come  un parigrado  con mansioni totalmente diverse, invece troppo spesso, le nostre competenze specifiche passano in secondo piano per necessità burocratiche, per il numero delle ore o per fare l’orario.

Gli educatori hanno anche la sospensione estiva, che significa che durante i mesi in cui non c’è scuola, non percepiamo stipendio ma non abbiamo diritto neanche agli ammortizzatori sociali, nessun giorno pagato per fare analisi o donare sangue, permessi studio dati soltanto a coloro che devono prendere la prima laurea poichè il monte ore a disposizione è limitato…

Quest’ultimo punto è il motivo per cui ho iniziato a scrivere. La scorsa settimana ho sostenuto l’esame per i 60 cfu (crediti formativi) richiesti dalla legge Iori, che stabilisce che l’esercizio di educatore pedagogico possa essere svolto solo da coloro che sono in possesso della specifica laurea. GIUSTO. Unico problema è che la legge è retroattiva, e che prevede che solo gli educatori con almeno 50 anni e 10 di servizio, oppure quelli con più di 20 anni (di servizio), abbiano la “sanatoria”. Io quindi educatrice da 16 anni e soltanto 46 enne, con un master in pedagogia clinica,non rientro nei casi e per questo ho trascorso l’estate a studiare e poi ho sborsato 650 euro di tasca mia per sostenere l’esame. Aggiungo che per farlo HO DOVUTO PRENDERE FERIE.

Mi è sembrato veramente troppo, l’ho visto come un sopruso…l’ennesimo.

Seguendo il corso di questi pensieri, ho pensato che mentre a noi educatori sono richieste tutte queste specializzazioni, la stessa cosa non avviene per la scelta delle insegnanti di sostegno; infatti, terminate le graduatorie delle persone abilitate, si procede alla nomina di persone prese da liste incrociate. Cosa significa? significa che ai ragazzi portatori di handicap potrebbe essere assegnata un’insegnante abilitata (o anche non abilitata) in altre materie, motoria, arte, italiano…

E questo lo trovo tragico ed irrispettoso. Si da tanto peso alle parole, si deve stare attenti a non dare definizioni stigmatizzanti dei disabili e poi si permette tutto ciò.

Comunque sia anche questa è fatta!

 

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1 Response
  • barbara
    Ottobre 11, 2020

    Il lavoro dell’educatore è un lavoro meraviglioso, ho scelto di farlo, non ci sono arrivata per caso, una laurea che mi ha preparata, diversi corsi che mi hanno formata, diverse esperienze per capire che era il lavoro per me.
    Il primo incarico è stato per la provincia di Cagliari servizi sociali, poi le competenze della provincia sono passate ai comuni e poi alle cooperative, che purtroppo non funzionano bene ovunque!!! quindi ho fatto i bagagli e mi sono trasferita in Toscana, sempre per fare l’educatrice, ho trovato lavoro subito per una cooperativa di Firenze e mi sono trovata subito bene.
    Nella vita si cresce e le esigenze del singolo diventano quelle della famiglia, figli e vita da pendolare con uno stipendio veramente basso non andavano più bene…ho dovuto scegliere altro!!!! Condivido a pieno le parole di Monia (siamo state colleghe) e continuo a pensare che il lavoro dell’educatore in tutti gli ambiti sia un lavoro stupendo, ma purtroppo delle volte lo si deve lasciare.

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