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La scuola che vorrei

Quella che sto per raccontarvi, sembra una storia di altri tempi, anzi, forse soltanto un racconto verosimile ma non vero: la cronaca di una settimana di vita condivisa, di studio, di amicizia, di scambio reciproco.

Per cinque giorni, presso una parrocchia sulle colline di Firenze, alcuni maturandi, i loro professori e volontari, hanno vissuto un’esperienza unica,forse più importante e formativa della maturità stessa, forse un tassello fondamentale per la propria crescita personale e come individuo che si affaccia alla società.

Il pretesto è stato lo studio: dalle 9 alle 18, libri e menti aperte, la penna fra le mani; si è parlato di storia, di autori, di possibili tracce alternando all’impegno lo svago e il cibo, amorevolmente preparato dai volontari.

Man mano che i giorni passavano, i ragazzi si trasformavano, non erano più soltanto studenti, erano individui consapevoli con la voglia di raccontarsi, si spogliavano dei loro timori, del senso di inadeguatezza, perdevano la paura di essere giudicati, fraintesi, stigmatizzati per le loro idee, i loro pensieri, le loro lacune.

Si aiutavano tra di loro perchè  si sono resi conto che tutti avevano delle competenze che condivise si moltiplicavano; imparare attraverso le parole degli altri, le esperienze, è meno faticoso e forse più facile.

Noi non eravamo più visti come Professori che danno istruzioni, voti, ordini da dietro una cattedra che talvolta è più divisiva di un muro, ma come persone che sanno ridere, scherzare, giocare, che provano a cucinare per dimostrare, anche attraverso un piatto di pasta, l’affetto, la cura, la coccola.

I ragazzi hanno studiato veramente, senza bisogno di essere richiamati, hanno collaborato, hanno usato i cellulari solo come telefoni e non come compagni di vita.

Mi chiedo perchè esperienze del genere siano delle eccezioni e non la regola, la scuola impone ritmi frenetici, burocrazia farraginosa,progetti, programmi, competizioni tra scuole e tra gli studenti; raramente promuove la collaborazione, il gusto dello stare insieme, di vivere, di parlare ma soprattutto di ascoltare. La corsa verso la massima efficienza,purtroppo, fa perdere di vista tutto il resto:non c’è mai tempo. Ed invece è giusto e doveroso riprenderci quelle ore: per assaporare con calma i versi dei poeti, per documentarsi sulla storia anche attraverso i racconti di chi l’ha vissuta, per riflettere e formare un proprio pensiero critico, giusto o sbagliato che sia.

Alla fine di questa settimana, mi porto nel cuore tutto l’amore disinteressato che ho respirato, la passione delle persone che hanno donato il loro tempo e le loro conoscenze in maniera del tutto gratuita e senza alcun tornaconto personale se non provare la sensazione di gioia che si ha nel sentirsi in pace col mondo e consapevoli di fare una cosa bella.

E’ questa la scuola che vorrei.

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