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Studentessa fuori sede a 50 anni

Che c’è sempre una prima volta è una verità, che la vita riservi sempre sorprese una certezza, ma difficilmente avrei pensato di diventare studentessa fuori sede a quasi 50 anni.

Ho fatto l’Università a due passi da casa a Firenze, con tutte le comodità e i vantaggi di chi non deve spostarsi per studiare; ho conosciuto moltissime persone che venivano da molto lontano e vivevano in 8 in un appartamento con un solo bagno pagando affitti da capogiro. Per nostalgia di casa si facevano spedire le conserve, il pane salato, l’nduja, la pastiera, i tortellini quelli veri, i taralli, i pomodori seccate al sole del sud, per chiudere gli occhi e  ritrovare  i sapori e gli odori della propria terra;  anche mio marito era uno di questi esuli, che ho sempre pensato di capire e  invece soltanto adesso posso dire: so cosa provano. #iounadiloro

Per seguire l’ennesimo corso di specializzazione, una volta a settimana, vado, durante il week end, a Roma; molti di voi diranno che sono esagerata nel sentirmi una studentessa fuori sede, ma  per una come me è una vera avventura ed esperienza senza precedenti. Sabato sveglia ore 05,00 AM direzione casello dell’autostrada, dove vengo “raccattata” da colleghi provenienti da Pisa e Pistoia,  e che sono già svegli da più di un’ora.  Alba che spunta durante il viaggio tra uno sbadiglio ed una canzone alla radio che prova a tenerci svegli.  I miei compagni sono molto più giovani di me, tranne uno che condivide il mio smarrimento perchè io e lui,  abbiamo un po’ più esperienza sulle spalle, forse qualche ferita della vita in più e, last but not least, siamo pure genitori! Ore 08,30 AM Roma, lezione, 700 persone in una hall riadattata ad aula, con il prof che sembra uno MC, (animatore di eventi), che spiega, spiega, parla dell’inutilità delle lezioni frontali per gli adolescenti, della difficoltà che hanno di mantenere l’attenzione per un tempo prolungato, dell’importanza dell’interazione e del coinvolgimento. Ed ecco! Io improvvisamente mi  trasformo: sono un adolescente che scalpita e guarda fuori dalla finestra sognando di essere fuori, scaldato dal sole che vede solo attraverso la vetrata mentre l’aria calda dei fancoil, la moquette e l’odore di umanità avvolgono e soffocano i pensieri.  8 ore dopo: la corsa verso le uscite! Visti da fuori siamo identici ai nostri studenti che critichiamo: rumorosi, fastidiosi, irrispettosi delle file.  Infine  la serata… convivenza forzata con 4 persone conosciute sui social,  sono un’aliena,  davvero un pesce fuor d’acqua. Sono abituata ad ospitare ed essere ospitata non a convivere con estranei. Tutto è nuovo, dai turni per il bagno, al cerotto per il naso (si è scoperto che russo così forte da impedire il sonno altrui) agli scompartimenti divisi nel frigo, gli spazi comuni… Mi sono sentita come un elefante in un negozio di cristalli, inadeguata, imbranata, in poche parole un disastro! Il processo di adeguamento è stato lento,molto lento. La mia fortuna più grande è stata l’essere istruita da Campani, abituati da secoli ad allontanarsi da casa per necessità, e hanno acquisito  come nucleotide principale della loro catena del DNA lo spirito di adattamento.  Sto imparando a capire il dialetto, ad apprezzarne la musicalità e la poesia, non solo  nei suoni ma nelle espressioni, i modi di dire, che dipingono le situazioni e le sdrammatizzano.Anche per un giorno solo è faticoso essere lontani  dalla propria vita, dalla quotidianità e dagli affetti, ma senza dubbio dovrebbe essere una delle spunte da fare nella lista delle esperienze di vita, perchè chi non la prova, non può parlare non può essere solidale ed empatico con coloro che contano i giorni che li separano dal momento in cui torneranno a casa e nel frattempo si coccolano con i sapori di casa portati dal corriere.

 

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2 Responses
  • Cri
    Febbraio 25, 2024

    Ben tornata! Ci sei mancata❤️

    • Monia Tucci
      Febbraio 25, 2024

      grazie!!!!

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